Enrico Crispolti - 1972


Risillabare la realtà

Forse non sarà improprio avvertire nel lavoro che Simona Weller ha realizzato nel '71 e nel '72, e che è nuovo rispetto alle immediate vicende della sua pittura precedente, un modo di riproporre a Roma un'ipotesi di scrittura-immagine nella maniera della pittura-scrittura di Novelli piuttosto che in quello della scrittura-immagine di Baruchello.

Con Twombly e con Novelli a Roma si è verificata in effetti una vicenda assai notevole di pittura scritta, dallo scorcio degli anni Cinquanta: una vicenda anche che risulta particolare e originale nel più ampio orizzonte di ipotesi appunto di scrittura figurante (da Fahlström ad Arakawa, per intenderci). E che ha un fondamento lirico, e autobiografico, declinato da Twombly in scrittura evocativa di tutta confessione, scontrosa e privata; da Novelli in un oggettivato onirismo, che includeva anche l'utilizzazione di mitologiche aurorali e infantili.
Ora la Weller, su un terreno a suo modo di oggettivato racconto, mi sembra che porti avanti proprio quest'ultimo aspetto, quasi intendendo risillabare da tale base gli aspetti primari della realtà. Non è dunque onirica, piuttosto è direttamente in certo modo narrativa. Anche se il suo racconto è in realtà soprattutto "in nuce", per ora inteso a sillabare figuralmente gli strumenti primari di un possibile svolgimento narrato del rapporto quotidiano.
Per questo i nomi e la fisicità immaginata dei colori occupano interamente, colore per colore alcune sue tele; e così altre suggeriscono la scansione iterativa (quasi accertativa) del nome di un oggetto, di un animale, di un aspetto elementare e primario della natura (mare, albero, ecc.).

Queste sillabazioni ed enumerazioni figurali, come il disegno infantile, e il figurare infantile, e la stessa scrittura da quaderno di scuola, nei dipinti più complessi forma appunto un'oggettivata ipotesi di recupero non tanto di una vera e propria dimensione aurorale e infantile, quanto di una condizione direi "a monte" del figurare, e appunto del figurare narrativamente.

Forse il racconto vero e proprio non verrà mai, perché probabilmente non interessa neppure, nel suo dipanarsi, la Weller. Comunque il suo attuale impegno mi sembra quello in certo modo di prepararlo - o almeno di prepararne la possibilità - speculando su ogni elemento, cercandone le interne risonanze, le gamme particolari, di un colore, di un nome, di una nozione.

Roma, Aprile 1972